I pazzi di Dio. Croce, Heidegger, Schopenhauer, Nietzsche e altri by Sossio Giametta

I pazzi di Dio. Croce, Heidegger, Schopenhauer, Nietzsche e altri by Sossio Giametta

autore:Sossio Giametta [Giametta, Sossio]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788882923785
editore: © La Città del Sole, 2008
pubblicato: 2024-01-21T23:00:00+00:00


6. L’azione di Nietzsche

Ma, per quanto riguarda invece l’azione la cui purezza e necessità non può essere turbata da alcun effetto, Mann vede, d’altro lato, la nobile e tormentata umanità e spiritualità di Nietzsche, «che il destino trascinò come per i capelli in una selvaggia ed ebbra demenza profetica, nemica di ogni pietas, contraria alla propria natura, esaltante la forza barbaramente turgida, l’indurita coscienza, il male, infine»11.

Quest’ultima pietosa giustificazione di Nietzsche, questo recupero della sua buona fede da parte di Thomas Mann, somiglia alla giustificazione che Karl Jaspers fece di Heidegger, la scusa che gli passò, certo in un momento di debolezza - perché del resto non sopportò che il suo già grande amico non si pentisse mai del suo passato - a proposito delle sue responsabilità verso il nazismo: «Mi perdonerà se Le dico ciò che qualche volta ho pensato: che Lei sembrava comportarsi verso il nazionalsocialismo come un ragazzo in preda ai sogni, che non sa che cosa sta facendo [...] e che presto si ritrova inerme di fronte a un cumulo di macerie e si lascia portare sempre più in basso»12. A favore di Heidegger, dopo un lungo periodo di ostilità fitto di critiche all’uomo e al filosofo, Hannah Arendt avrebbe aggiunto più tardi, da parte sua, parlando con Jaspers, che «allora un diavolo lo aveva cacciato nei guai»; e che, come e perché questo fosse successo, «lui non è in grado di scoprirlo»13. Ma queste giustificazioni di Heidegger da parte di Jaspers e Arendt riescono molto meno convincenti di quella di Nietzsche da parte di Mann, perché Heidegger era contorto e non aveva la nobiltà d’animo e lo spirito eroico di Nietzsche.

Il destino che trascinò Nietzsche per i capelli non era altro che la storia, la necessità storica, che Nietzsche incarnava, come sempre fanno pensatori e artisti. E questa necessità reclamava, come agente di autodistruzione di una civiltà al tramonto, il superuomo. Chi era il superuomo? Il superuomo, dice Nietzsche, «è l’uomo in cui le qualità specifiche della vita, ingiustizia, menzogna, sfruttamento, sono le più grandi»14. E tuttavia Nietzsche era, proprio per Thomas Mann, un «umanista fin nelle più stridenti e sofferte eccentricità», il quale pose «al centro della propria filosofia l’innalzamento dell’uomo, il suo avvenire, liberato da umiliazioni morali», come egli lo definisce ancora nella sua conferenza II mio tempo, del maggio 195015. Umanista qui vuol dire dunque illuminista, e tale Nietzsche potrebbe essere detto, considerato che l’autonomia umana era oggettivamente l’ideale dei suoi ideali.

Una grande conferma indiretta in questo senso è la terribile delusione che Nietzsche provò quando Wagner, che egli aveva sempre considerato uno degli uomini più forti della sua epoca, «cadde», come disse, «ai piedi della croce». Fu un dolore così crudo e personale, che non c’è da meravigliarsi che al riguardo si equivocasse. Poiché Nietzsche parlò di «un’offesa mortale», si pensò che egli si fosse offeso apprendendo che Wagner aveva espresso ai medici che lo curavano la sua convinzione che il mutato modo di pensare dell’amico fosse conseguenza di eccessi contro natura.



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